polenta a Luglio

è un giorno di fine Luglio 1997. scorrazzando per la città ci imbattiamo, noi compagnia di disadattati quasi senza famiglia, nel poster di una sagra paesana che promette “polenta al sugo di cinghiale e di capretto”. si va, ci diciamo; stasera, ci promettiamo. detto, fatto. si fa sera, ma come da tradizione vien tardi per aspettare tutti. ché ci si muove in gruppo con motorini cinquanta, smarritati, regolarmente in due e con le targhe diversamene leggibili. ci arrampichiamo sul colle che porta a Pitelli, arriviamo che si fa buio con tutto che è piena estate: abbiamo 18 anni di media, gli ormoni fino agli occhi e una fame soprannaturale. ci avviciniamo alla cassa, tiriamo fuori dalle tasche le poche palanche che abbiamo, che bastano forse giusto per qualche piatto, ma non serviranno per alcuno. è tardi, troppo tardi per una sagra settentrionale. la cucina è chiusa, ben ci sta, sempre all’ultimo ci muoviamo, è colpa tua, no tua – no, sua. e mentre le colpe rimbalzano e gli stomaci gorgogliano, una vocina affilata come una lama si fa spazio e attrae la mia attenzione, ché sono il più magro e forse più improbabile, e forse proprio per quello centra in pieno me. una vecchina che peserà trenta chili ma dalla forza superiore alla nostra mi fa un cenno da dietro gli stand, così lascio gli amabili stronzi con cui mi accompagno e la raggiungo. “belin, tieni qui”, mi fa con gli occhi che scintillano. in mano non ha ancora niente ma in un attimo, come per numero di prestigio, mi porge piatti fumanti di polenta. “è avanzata, almeno voi la mangiate, siete dei fanti così magri”. gli altri intanto hanno smesso di discutere e, potremmo dire mossi da un istinto di pancia, mi hanno raggiunto. in un attimo siamo sui tavolacci gialli affogati nel mangiare, tutti stranamente zitti, tutti stranamente calmi. era fine Luglio ’97, una sera qualunque, ma quel sugo e quella polenta omaggiati rimangono ad oggi una delle cose più squisite che la piccola bocca abbia mai assaporato, quelle che ti lasciano stomaco e anima oltre che paghi. quanto a quella vecchina, io credo ai segni celesti – e se nella mia vita ce n’è mai stato qualcuno di certo fu uno di quelli.
quella sera di luglio a Pitelli, nel ’97.

firma Ale