l’uomo che riparava le nuvole (2)

SECONDO.  (qui c’è il primo)

In un giorno di pioggia, in cui per l’appunto tutto sembrava funzionare correttamente nel grande cielo dell’Inghilterra settentrionale, l’uomo che riparava le nuvole prese dei fogli di carta, una penna nera, e sedette al suo tavolo con l’intenzione di scrivere una lettera alla donna dei fulmini, andatasene in un bel giorno di sole. Uno di quelli in cui il loro lavoro pareva inutile.

Pitello sonnecchiava accucciato sotto il tavolo, e ti tanto in tanto emetteva un sospiro profondo, precursore di un mite latrato ogni volta abortito. L’uomo che riparava le nuvole puntellò il mento con l’avambraccio sinistro; la penna, serrata tra gli incisivi. Chiuse gli occhi ad ascoltare la pioggia che batteva sul suo tetto e, in lontananza, il poderoso rimbombo delle onde marine che si infrangevano contro il suo hangar, la grande scogliera a pochi passi dal suo uscio. Quei rumori, assemblandosi nella sua testa, stavano a significare il buon lavoro che portava avanti con dedizione da tutta una vita, significavano tempesta, quindi successo. Significavano pienezza.

“Cara Donna dei Fulmini,
quali settimane intense stai perdendo qui alla grande scogliera!
Il mio lavoro è incessante. Soltanto negli ultimi giorni sono arrivati ben quindici cumulonembi, tutti intasati come non capitava dall’ultima eclissi di sole, ricordi quei giorni? Ho avuto il mio bel da fare, oggi come allora. Sciogliere e pulire le incrostazioni dalle tubature e dalle valvole, come sai, non è mai piacevole, ma lo faccio senza risparmiarmi, senza pensare al poco tempo disponibile per il riposo, ormai sempre così scarso, complice l’avanzare degli anni. Un po’ di aiuto non guasterebbe, ma Pitello è sempre occupato a badare alle pecore e poi, con le sue zampe, fa una gran fatica a maneggiare gli strumenti. L’altro giorno mi stava aiutando nel serrare un bullone e gli è scivolata la chiave inglese. Questa è precipitata per i cento metri della scogliera, facendo prendere un gran spavento allo stormo di gabbiani che, come sempre, vigilano sulla spiaggia. Hanno poi fatto baccano tutta la notte, per protesta. Sono quasi ammattito. Ho dormito pochissimo.

Apprendisti però non ne cerco: il mondo degli umani è così disinteressato alle nuvole, per quanto invece ne dipenda in modo così lampante. E’ la pioggia, a permettergli di sopravvivere, di rinverdire i propri campi, di abbandonarsi al pensiero, al sogno e all’amore nelle nottate burrascose. Ma, come sai, sembrano tutti ignorare questa verità. Sanno solo lamentarsi, quando piove. Un apprendista sarebbe solo qualcuno certamente interessato al denaro, al potere, al controllo, ovvero tutto quanto io non ho da offrirgli.

Riparare le nuvole è un mestiere da poeti, senza riconoscimenti o successi!
Mento.
Mentre ti scrivo, è proprio il riconoscimento ed il successo del mio lavoro ad accompagnare le sottili lettere che scrivo con calma sul foglio. Fuori, infatti, tira un gran vento, piove con grande violenza, lampeggia e tuona. Già, i lampi. Peccato tu non possa vedere che gran lavoro hai imbastito, stasera. Ovunque tu ti trovi, usando le nuvole che ho rimesso in circolazione (un paio le ho riconosciute, che credi) sei stata davvero grande ad organizzare questo capolavoro. Non te ne avere se qualcuno per il mondo si lamenterà del maltempo. E’ un grande spettacolo, uno spettacolo di vita.
Ad ogni abbaglio di fulmine seguito dal tuono, penso a te. E’ come se mi stessi parlando con un codice morse fatto di luce, anche se scritto in una lingua che non comprendo. So che si tratta solo una mia fantasia, da sempre conosco come funziona la partitura di una tempesta di fulmini, ma mi piace credere che sia un un monologo che hai spedito a me come io spedirò questa lettera a te, lettera forse non ti arriverà mai.
Ecco!
E’ il tuo indirizzo, quello codificato nella sequenza dei fulmini?
Ma no, che vado a pensare. Strano organo, il cervello. Cerca sempre la risposta più complessa ai problemi più semplici.
Continuerò ad inviare queste mie lettere alla centrale riparatori, sperando che qualcuno a sua volta le giri all’indirizzo giusto, il tuo. Se ricevi qualcosa, magari proprio questa lettera, mandami un fulmine ad hoc la prossima tempesta utile. Le previsioni della centrale parlano di una bella perturbazione tra qualche giorno, approfittane, se ti va. Però abbandona il solito blu cobalto o le scale di viola alle quali sei tanto affezionata. Mandami un fulmine verde come l’aurora boreale della scorsa estate. Almeno lo riconoscerò e saprò che è tuo.
Comunque sia, spero davvero tu stia bene. I tempi in cui eri qui a lavorare con me sono stati fantastici, malgrado la tua elettricità statica e le scosse che mi davi ogni volta che ti sfioravo. Ho ancora qualche piccola cicatrice sulle braccia, sai. E’ così difficile avere come partner una persona che non si può toccare! Ma esiste sempre la profondità di uno sguardo, e questo, lo riconosco, non me l’hai mai fatto mancare.
Pitello ti saluta. O almeno, sono certo lo farebbe se fosse sveglio: sta dormendo qui vicino a me, sento il suo cuore di cane battere nella mia testa come un tamburo, malgrado fuori la tua tempesta stia facendo un baccano straordinario. Ogni tanto mi chiede di te, ma io non gli rispondo. Magari lo farai tu.

Tuo affezionato
Uomo che ripara le nuvole”